Vincenzo Serratore

Il trapianto è una malattia?

C’è chi nasce una volta ed è felice dei suoi giorni, altri  nascono e trascinano le ore senza rendersi conto delle meraviglie che li circondano, chi invece preferisce combattere per cambiare un mondo che non gli piace oppure borbottare di tutto quello che non va, senza peraltro fare nulla per migliorarlo, chi si adagia, chi si intristisce, chi è angosciato, chi si sente sfortunato, chi è sereno chi è creativo… Poi c’è chi nasce due volte. Una rinascita corrisponde ad una seconda possibilità di riscatto. Se la prima vita è stata difficile, specie a causa della salute precaria, la seconda vita ti mette di fronte ad un nuovo mondo.

Questo è successo a me e ne parlo con convinzione, non tanto perché ami esibire al mondo la mia vita o le mie prodezze, bensì perché credo fermamente che la mia rinascita vada condivisa, per dar fiducia a tutti coloro che, meno ottimisti di me, siano in questo modo stimolati a trovare la forza per cercare una speranza nuova. Sono nato una prima volta, parecchi decenni fa,  con un problema cardiaco che mi impediva di svolgere moltissime azioni. Mi sfinivo facilmente e col passare degli anni, il declino lento ma costante, è diventato spaventoso e apparentemente irreversibile.

Poi sono nato una seconda volta, tredici anni fa, grazie alla ricerca, alle donazioni di organi che mi hanno dato la possibilità di affrontare un trapianto di cuore. Un percorso difficile, faticoso, impegnativo ma che mi ha portato ad amare le piccole grandi cose di ogni giorno in modo entusiasmante e a sentire nel battito del mio cuore l’amico donatore. Non so chi sia, di lui so soltanto che era un giovane e che ha avuto un incidente mortale nella zona di Milano, io lo chiamo Angelo, la sua presenza è costante e viva e sento il dovere di vivere anche per lui.

Penso che chi è stato tanto vicino alla morte riesca ad apprezzare meglio e più intensamente un ritorno a quella meraviglia che si chiama “vita”. Sono stato avvolto e trascinato da una smania di recuperare tutte le emozioni che fino a prima mi erano state proibite. Da tredici anni a questa parte sento addosso un crescente desiderio di riscatto che mi dà una forza mai provata prima e mi permette di ottenere conquiste che mai avrei potuto immaginare di raggiungere.

L’elenco dei miei viaggi si va allungando con una naturalità stupefacente, senza che io stesso mi renda conto di quante energie mi trovo in corpo. Un corpo di ultra sessantenne che possiede la forza della gioventù e lo spirito della fanciullezza. Elencare di seguito le mie avventure è anche per me motivo di stupore. Possibile che davvero, dopo la rinascita, sia riuscito a fare così tante cose? Ho percorso il Cammino di Santiago de Compostela (880 km), il Cammino de la Plata (oltre mille km), sono sceso in bicicletta lungo la penisola italiana giungendo fino in Calabria, la mia terra d’origine, ho partecipato a cinque giochi europei per trapiantati di cuore e polmoni (Finlandia, Olanda, Lituania, Svezia e Italia) vincendo in ogni occasione numerose medaglie, sono andato in Australia e Tasmania dove ho raccontato, alla radio italiana del luogo, la mia avventura, ho percorso il Cammino di San Benedetto, da Norcia a Montecassino e sono oltre 300 km,  sono tornato in Spagna e con il mio zaino contenente il minimalismo e l’essenziale ho percorso il Cammino del nord, più di mille km con destinazione Santiago e Finisterra.

Non l’ho fatto per esibizionismo o mania di grandezza, ma perché sento il bisogno di sensibilizzare la gente all’importanza della donazione di organi, la necessità di trasmettere fiducia a chi si crede perduto, la speranza di stimolare a far riaffiorare la fiducia a chi non vuole più combattere. Nel corso dei giochi europei svoltisi in Italia, a Lignano, nel mese di giugno 2018, io stesso mi sono stupito delle molte medaglie vinte. Tre d’oro (corsa campestre 4 km, 1500 metri di atletica in pista, biathlon), una d’argento (gara di ciclismo 20 km) e una di bronzo (400 metri di atletica). In quell’occasione, intervistato da alcuni giornalisti che chiedevano stupefatti come possa un trapiantato di cuore ottenere risultati tanto meritevoli, mi è venuto spontaneo rispondere:

“Essere trapiantato non vuol dire essere ammalato, malato lo ero prima, il trapianto è stata la strada che mi ha portato alla  guarigione”.

Certamente le medaglie sono una soddisfazione grande, ma quel che maggiormente mi gratifica è sentire le persone che mi ringraziano per aver ritrovato coraggio e nuovo entusiasmo solo osservando e ammirando la mia energia. Essere il  “testimonial di vita, energia e voglia di emozionarsi” è il premio più grande che posso ottenere. Mi sento un adolescente tredicenne che alberga nel corpo di uomo maturo. Farò il possibile affinché questa mia seconda vita continui a regalare  stupore e coraggio, un contagio positivo di fiducia che si riflette non a chi ha la malattia del trapianto ma a chi vive il trapianto come una medicina salvavita piena di sensazioni positive.  

Vincenzo